Papa Francesco: l’umanità che parla all’intimità di ognuno di noi
Luigi Codeluppi, presidente della Dimora d’Abramo, sul messaggio del Pontefice
Ci sono tante riflessioni che nascono dalla lettura del messaggio del Papa in occasione della 105ma giornata del migrante e del rifugiato dello scorso 29 settembre 2019.
Cogliendo anche l’occasione delle festività natalizie desidero, in particolare, segnalare e sottolineare lo spessore e la profondità del messaggio di Papa Francesco.
È un messaggio da leggere e da approfondire certamente per i cristiani, ma è fonte di meditazione e riflessione davvero per tutti.
In esso traspare ed è palpabile un’umanità straordinaria a cui da troppo tempo non siamo abituati o quantomeno ci stiamo disabituando e spesso non ci attentiamo a trattarla pubblicamente e ad ammettere di averne tanto bisogno. Umanità che parla all’intimità di ognuno di noi e alle nostre vite, umanità che probabilmente avvertiamo e viviamo in modi diversi nelle nostre singole e personali esperienze.
Certo è evidente che Papa Francesco fa riferimento a quella ordinaria e, al tempo stesso, straordinaria umanità di Gesù che è stata il suo tratto distintivo e unico con cui ci ha parlato di Dio e che, per chi crede in lui, informa il senso di questa nostra vita.
Allo stesso tempo però questa umanità parla a tutti, indipendente dal credo e dalle convinzioni individuali perché, ammettiamolo, è il nostro linguaggio che anche se dimenticato e accantonato troppo spesso, è parte di noi non può che scaldarci il cuore, la mente ed evocare nuova speranza per tutti.
Diversi gli stimoli che trovo in questo messaggio essenziale e diretto, sono certo che per chi vorrà farsi coinvolgere dai suoi contenuti sarà occasione per interessanti riflessioni.
Da parte mia sottolineo tre tratti che ho colto in esso senza la pretesa di interpretarne la sua articolazione e consistenza.
Accogliere e incontrare l’altro è sempre accogliere ed incontrare se stessi.
L’incontro con l’altro che sia desiderato e atteso o inatteso, sollecita aspetti emotivi, il nostro modo di sentire, i sentimenti di quel momento, di quella situazione. L’incontro può essere carico di motivazioni ideali, di disponibilità e generosità oppure anche di stanchezza di fatica, di sospetto e diffidenza, a volte di fastidio.
Tanto più l’incontro con lo straniero, lo sconosciuto o il diverso da noi si carica di incertezza e mette a nudo le nostre paure o le nostre difficoltà ad affrontare il nuovo e l’ignoto. L’arrivo in questi trent’anni sui nostri territori di tanti uomini, donne, giovani e famiglie da tanti paesi ha evidenziato tanti aspetti di noi, risorse e potenzialità ma anche ambivalenze, contraddizioni problemi già presenti ma semmai sopiti che il nuovo fa emergere con evidenza a volte con prepotenza ma che erano già presente. L’incontro col nuovo è sempre un’opportunità per apprendere e formarci.
Le nostre paure e diffidenze
Le nostre paure, reali o percepite, nell’incontro col migrante sono concrete perché sentite e a volte molto ingombranti al punto da inibire l’opportunità di apprendere e formarci di cui sopra. Mi pare che però sia importante comprendere il perché della paura, non credo che derivi direttamente da ciò che è sconosciuto o diverso, spesso questo incuriosisce più che spaventare. Mi pare che la differenza stia nel sentirsi un po’ più preparati di fronte al nuovo e di sentirsi un po’ più in grado di affrontarlo. Ma questo richiama ancora il fatto di come siamo, come ci sentiamo; ritengo che questi richiami ad esempio il sentirsi non da soli o impotenti nell’affrontare l’incertezza che c’è in ogni incontro e di fronte ad ogni fatto della vita. Credo che questo interroghi molto anche il sentirsi comunità e il sentirsi parte di una comunità che ci riconosce e ci sostiene nel percorso e nel far fronte a ciò che accade. Forse il tema che pone l’immigrazione a noi e ai migranti, o a noi e a qualsiasi altra persona è come pensarsi parte di un percorso comune, di una comunità che pur nella differenza di ciascuno sa riconoscersi in tratti di visione comuni. Forse è tempo di pensare ad un modo rinnovato di costruire e fare comunità.
Abbondanti benedizioni
Infine mi ha colpito il fatto che Papa Francesco invochi abbondanti benedizioni sui migranti e su coloro che si fanno loro compagni di viaggio, cosa che stride con i discorsi di ieri e di oggi sul tema dove spesso la questione è chi ha ragione o chi è contro…..
Il Papa ci offre uno sguardo inedito ma soprattutto inatteso, uno sguardo che a prescindere, benedice, dice bene dell’altro. Prima di verificare, prima di conoscere e prima di capire, benedice. Mi pare non significhi essere sprovveduti ma avere un approccio preciso nell’incontro dell’altro. Certo bisogna conoscersi, capirsi, mettersi d’accordo ed anche negoziare senza aver paura di rinunciare alle proprie convinzioni ed ai valori in cui crediamo ma, certamente, nell’incontro con l’altro, dire bene è un buon inizio, per noi e per lui, che può orientare il cammino successivo.
A tutti il più fervido augurio perché questo Natale e questo nuovo anno ci faccia, possibilmente, ritrovare e gustare la nostra umanità insieme agli altri.
Auguri!
Luigi Codeluppi